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Bini e Carmignani

(Bini e Carmignani , R.B.C., BICA)

Manifattura ceramica "R. Bini & Fratelli Carmignani", fondata nel 1905 - Leggi


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R. BINI & Fratelli CARMIGNANI

(Bini & Carmignani, R.B.C. , BICA)

Ceramica Bini & Carmignani: Storia di una manifattura di San Giovanni alla Vena

 

La Ceramica Bini & Carmignani – spesso indicata dalla sigla R.B.C. o dal marchio BICA – è stata una rinomata manifattura di maioliche artistiche attiva dal primo Novecento a San Giovanni alla Vena (Vicopisano, Pisa). Fondata nel 1905, questa fabbrica ha contribuito a portare la tradizione ceramica locale a livelli di eccellenza nazionale e internazionale, attraversando l’epoca Liberty, il periodo Déco e oltre, fino al secondo dopoguerra. Di seguito esaminiamo i fondatori, la produzione e lo stile, le vicende storiche e sociali legate all’azienda, con documentazione e immagini storiche dei suoi manufatti.

Le origini e i fondatori

La manifattura nasce nel 1905 con la ragione sociale “R. Bini & Fratelli Carmignani”, dal cognome dei suoi fondatori. La sigla R.B.C. che compare sui manufatti è l’acronimo di R. Bini & Carmignani, mentre il marchio BICA richiama le iniziali dei due soci (Bini & Carmignani). I titolari originari furono Nello Bini e i fratelli Carmignani, figure di spicco nel panorama ceramico pisano del primo ’900. Nello Bini (1915-1998) in particolare fu un artista poliedrico – pittore, scultore e ceramista – formato all’Istituto d’Arte di Firenze sotto la guida di Libero Andreotti; dopo aver fondato una propria manifattura (“La Vela”) nel dopoguerra, entrò come contitolare nella Bini & Carmignani alla fine degli anni ’50. I fratelli Carmignani, originari anch’essi di San Giovanni alla Vena, apportarono competenze artigianali locali e contribuirono alla gestione familiare dell’azienda (i loro nomi di battesimo non compaiono spesso nelle fonti, ma sono ricordati collettivamente).

Sin dall’inizio, la fabbrica si specializzò nella produzione di maioliche artistiche moderne, distinguendosi nell’ambito toscano. Già nel 1906 (a pochi mesi dall’avvio dell’attività) la ditta partecipò con successo all’Esposizione dell’Artigianato di Firenze, presentando al pubblico le sue prime collezioni. Nel 1910 ottenne visibilità internazionale esponendo i propri manufatti all’Esposizione Internazionale di Bruxelles. Queste partecipazioni precoci attestano la qualità e l’originalità delle ceramiche Bini & Carmignani, capaci di attirare l’attenzione ben oltre l’ambito locale. Durante gli anni ’20 e fino alla metà degli anni ’30, la manifattura prese parte a numerose mostre e concorsi nazionali, consolidando la propria reputazione. Tra i collaboratori artistici di quel periodo si ricordano Sergio Bianchi e Manlio Banelli, che contribuirono ai decori e ai modelli della ditta in epoca déco.

Produzione artistica: tecniche, stili e influenze

La produzione di Bini & Carmignani si concentra su ceramiche artistiche in maiolica (terracotta rivestita da smalto stannifero), spaziando da oggetti d’uso decorativo a pezzi unicamente ornamentali: vasi, piatti da parata, cache-pot, servizi da tavola e soprammobili in ceramica. Fin dall’inizio l’azienda mostrò un approccio innovativo, ispirandosi alle correnti più moderne. I suoi prodotti vengono definiti “maioliche moderne”, e molti modelli richiamano le creazioni all’avanguardia di altri centri ceramici italiani. In particolare, le fonti segnalano influenze dalle opere di Dante Baldelli e Corrado Cagli, celebri ceramisti attivi presso la manifattura Rometti di Umbertide. Non a caso, alcune linee produttive Bini & Carmignani degli anni ’30 ricalcano lo stile déco sviluppato in quegli anni da Rometti e da artisti come Baldelli e Cagli, caratterizzato da decori geometrici o figurativi stilizzati, spesso con colori vivaci e contrasti audaci.

In altri casi, soprattutto nella prima fase, le ceramiche R.B.C. si ispirano allo stile pontesco (dal designer Gio Ponti, direttore artistico di Richard-Ginori negli anni ’20) e alle produzioni albisolesi degli anni Venti. Le ceramiche di Albisola in Liguria – incluse quelle della fornace “La Fenice” fondata da Manlio Trucco e quelle di Giuseppe Mazzotti – influenzarono i primi modelli Bini & Carmignani, con decori floreali stilizzati di gusto liberty e sperimentazioni formali che anticipavano il futurismo. Un vaso prodotto dalla R.B.C. intorno al 1910-1920, ad esempio, presenta un motivo floreale nero su fondo giallo, con forme dinamiche ispirate al futurismo e agli esempi di Trucco e Mazzotti; il pezzo è tornito a mano, smaltato e decorato sottovetrina in stile La Fenice, testimonianza della fase artistica iniziale della manifattura. In seguito, intorno alla metà degli anni ’20, la ditta virò decisamente verso il linguaggio Art Déco, sviluppando uno stile originale e riconoscibile, apprezzato ancor oggi dai collezionisti. I manufatti di questo periodo presentano decorazioni più geometriche e astratte, con smalti dai colori accesi (giallo ocra, blu, nero, marrone, ecc.) e motivi floreali o zoomorfi fortemente stilizzati.

 

Un tipico vaso in stile Déco prodotto da Bini & Carmignani negli anni ’30, con decorazione di grandi foglie stilizzate in marrone scuro su fondo giallo. Molte opere della manifattura presentano questo genere di motivi naturalistici semplificati, stesi in tinte contrastanti sotto smalto lucido. I manici applicati e la forma elegante testimoniano la qualità artigianale dei prodotti RBC.

 

 

 

 

Dal punto di vista tecnico, oltre alla pittura a pennello sotto vetrina, la Bini & Carmignani sperimentò anche l’aerografia: sono noti alcuni pezzi decorati con aerografo (spruzzo di colore tramite mascherine), tecnica che consente sfumature morbide e campiture omogenee. Questa tecnica, adottata da varie manifatture déco dell’epoca, permise di realizzare motivi modernissimi, come paesaggi stilizzati e figure geometriche dalle tinte sfumate. Ad esempio, piatti e ciotole marcati R.B.C. degli anni Trenta recano talora paesaggi marinari o motivi di barche e uccelli resi con velature sfumate di colore (verde, azzurro, arancio) su fondi chiari, ottenuti appunto con aerografo. Un esperto del settore, Giorgio Levi, ha infatti donato al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza diversi pezzi di ceramica italiana anni ’30 decorati a aerografo, tra cui opere attribuite proprio a Bini & Carmignani e ad altre manifatture coeve. Accanto alle produzioni più moderne, la ditta non disdegnava comunque ceramiche di gusto più tradizionale: ad esempio servizi da tavola o stoviglie rustiche con decori classici, per incontrare anche il mercato locale più conservatore.

Quanto alle firme e marchi, i manufatti Bini & Carmignani sono quasi sempre contrassegnati da sigle piuttosto che da diciture per esteso. Sulla base o sul retro delle ceramiche si trovano spesso le lettere R.B.C. (talora inscritte in un logo a forma di triangolo) accompagnate da numeri e talvolta da una datazione. Curiosamente, durante il ventennio fascista, la manifattura appose spesso l’anno corrispondente all’era fascista in numeri romani accanto al marchio: ad esempio, un cache-pot della fine degli anni ’20 riporta il marchio RBC entro un triangolo e l’indicazione dell’anno di produzione VIII (cioè 1929-30, ottavo anno dell’era fascista)​. Questa consuetudine di datare i pezzi con l’anno fascista – comune a molte industrie italiane del periodo – aiuta oggi a collocare cronologicamente i manufatti. Dopo la Seconda guerra mondiale, con la ripresa dell’attività, fu introdotto anche il marchio BICA (acronimo di Bini & Carmignani) spesso accompagnato dall’indicazione Made in Italy, ad evidenziare la nuova ragione sociale. Va detto che per lungo tempo l’origine esatta del marchio R.B.C. è stata oggetto di confusione: molti studiosi negli anni ’80-’90 attribuivano erroneamente tali sigle alla manifattura umbra Rometti (interpretando R.B.C. come Rometti-Baldelli-Cagli). Solo di recente, grazie alle ricerche storiche, il “mistero” è stato risolto: Marco Bardini nel 2006 e Giorgio Levi nel 2013 hanno dimostrato con documenti d’archivio che il marchio RBC appartiene a Bini & Carmignani, e non alla Rometti. Un fortunato ritrovamento di un pezzo con doppio marchio (sia R.B.C. che un altro logo) e di un album di modelli recante un timbro della R. Bini & F.lli Carmignani ha fornito la prova definitiva dell’attribuzione corretta. Questo chiarimento ha restituito il giusto riconoscimento storico alla manifattura di San Giovanni alla Vena.

Il contesto storico e sociale di San Giovanni alla Vena

La vicenda di Bini & Carmignani si inserisce in una lunga tradizione ceramica locale. San Giovanni alla Vena, borgo adagiato sulle rive dell’Arno, vanta attività legate alla ceramica almeno dal XVI secolo. Documenti d’archivio attestano che già nella seconda metà del ’500 qui si producevano manufatti in terra rossa – termine con cui veniva indicata la terracotta locale, ricavata dall’argilla ferrosa (detta molletta) abbondante lungo l’Arno, in contrapposizione alla terra bianca di Montelupo Fiorentino. Inizialmente si trattava di produzioni rurali, per lo più ceramiche d’uso domestico senza grande valore artistico: stoviglie, pentolame e laterizi destinati al mercato locale. Nel corso dell’Ottocento l’attività conobbe uno sviluppo più strutturato: fonti del 1854 descrivono ad esempio una fabbrica di stoviglie a Cucigliana (frazione vicina) specializzata in “piatti neri all’uso di Genova” (la cosiddetta terraglia nera decorata in bruno di manganese), con una produzione annua di ben 23.000 dozzine di piatti. Questo dato impressionante rivela come, già prima del Novecento, l’area di Vicopisano fosse un piccolo distretto ceramico attivo e capace di soddisfare mercati ben più ampi del consumo locale. La presenza di ricche cave di argilla, unita alla posizione lungo il fiume (comoda per il trasporto), favorì nei secoli lo sviluppo di fornaci e botteghe.

In questo contesto, l’apertura della manifattura Bini & Carmignani nel 1905 avvenne su un terreno fertile ma segnò un salto di qualità: dalla produzione popolare si passò a una produzione artistica e di design moderno. L’impulso a investire nella ceramica artistica a San Giovanni alla Vena fu dovuto anche a motivi sociali ed economici locali. La zona era povera di terre coltivabili estese e ciò spinse la popolazione a cercare impiego in attività artigianali alternative all’agricoltura, tra cui appunto la lavorazione dell’argilla. La terra rossa divenne così una fonte di sostentamento per molte famiglie. La manifattura Bini & Carmignani, nei primi decenni del ’900, offrì lavoro a numerosi abitanti del paese: si calcola che la fornace impiegasse stabilmente almeno 14 operai (modellatori, tornitori, decoratori, fornaciai) già negli anni ’10. Tra questi vi furono anche diverse donne pittrici, addette alla decorazione a mano dei pezzi: fotografie d’epoca mostrano giovani pittrici al lavoro sui manufatti nelle sale della fabbrica, segno di un coinvolgimento importante della manodopera femminile soprattutto nel secondo dopoguerra (anni ’50-’70). La fabbrica era dunque un piccolo motore economico per San Giovanni alla Vena, contribuendo al benessere della comunità e tramandando competenze artigianali da una generazione all’altra.

Il legame con il territorio si esprimeva anche nei soggetti e nello stile di alcune produzioni. Ad esempio, non era raro che venissero realizzati pezzi celebrativi o su commissione per eventi locali. Alcuni grandi pannelli in ceramica decorata abbellivano edifici pubblici (un pannello ceramico di grandi dimensioni prodotto dalla BiCa decorava un palazzo della vicina Vicopisano, testimoniando la presenza dell’arte ceramica nella quotidianità del luogo). La manifattura partecipava inoltre attivamente alle fiere e sagre della zona, mostrando i propri prodotti e rafforzando l’identità locale legata alla ceramica. In sintesi, la fabbrica R.B.C. influì sul tessuto sociale di San Giovanni alla Vena sia come fonte di lavoro sia come elemento di orgoglio identitario: il paese divenne noto come “la Montelupo pisana” per la sua ceramica, e ancora oggi gli anziani ricordano la presenza del forno e l’andirivieni di operai con le carriole colme di argilla o ceramiche da cuocere.

Evoluzione storica e destino della manifattura

La parabola di Bini & Carmignani conobbe momenti di successo e fasi critiche, riflettendo in parte le vicende storiche generali. Dopo i trionfi delle esposizioni internazionali prebelliche, la produzione proseguì vivacemente negli anni ’20 e ’30, con la creazione di pezzi in stile Déco che ebbero un ottimo riscontro commerciale. La qualità artistica valse all’azienda vari riconoscimenti: ad esempio, vinse premi in concorsi nazionali e le sue ceramiche furono apprezzate da critici e riviste d’arte decorative dell’epoca. Purtroppo, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale pose un brusco freno all’attività: nel 1945 la produzione venne sospesa a causa degli eventi bellici e della difficoltà di reperire materiali. Durante gli anni del conflitto e dell’occupazione, è probabile che la fornace abbia subito danni o requisizioni (come avvenne per molte fabbriche italiane), e che parte del personale sia stato sfollato o arruolato.

Nel dopoguerra, superate le difficoltà immediate, si manifestò la volontà di riprendere l’attività ceramica. Alcuni anni dopo la guerra, la manifattura risorse con nuova energia: riaprì con la denominazione leggermente modificata in “Bini & Carmignani” e l’introduzione del marchio BICA per sottolineare il nuovo inizio. A partire dalla fine degli anni ’40, dunque, la produzione ricominciò, sebbene in un contesto mutato. Fu in questa fase che Nello Bini assunse un ruolo di primo piano come co-titolare e direttore artistico, apportando la sua esperienza maturata a Firenze. Gli anni ’50 videro una rinascita della ceramica artistica italiana (basti pensare al successo delle ceramiche di Faenza e di Vietri in quel decennio) e Bini & Carmignani cercò di rinnovarsi restando al passo coi tempi. I decori Déco vennero attualizzati con nuovi colori e forme più vicine al gusto degli anni ’50, e probabilmente si esplorarono anche motivi ispirati al nascente design moderno del dopoguerra.

Tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 avvenne un cambiamento significativo: la manifattura trasferì i propri laboratori a Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze. Questo trasferimento segnò di fatto la chiusura della storica sede di San Giovanni alla Vena. Le ragioni non sono esplicitamente documentate, ma si possono ipotizzare motivi sia economici (la vicinanza a Firenze permetteva forse un accesso più diretto ai mercati e ai circuiti artistici) sia personali (Nello Bini risiedeva ormai stabilmente a Firenze). Con lo spostamento a Bagno a Ripoli, la produzione continuò su scala ridotta, in forma quasi artigianale e sperimentale, integrandosi con l’attività artistica individuale di Nello Bini. Quest’ultimo ampliò il proprio orizzonte creativo dedicandosi anche all’incisione, alla grafica e alla scultura metallica negli anni ’70, segno che probabilmente la ceramica non era più l’unico focus. Ciononostante, l’azienda mantenne ancora per alcuni anni il nome Bini & Carmignani e continuò a raccogliere riconoscimenti: nel 1972 partecipò al XXX Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea di Faenza, dove Nello Bini vinse il premio della Regione Emilia-Romagna. Nel 1974 fu presente alla I° Rassegna Internazionale di Ceramica “Rassegna 2000” ad Albisola (SV), esponendo alcune opere inedite in stile contemporaneo. Queste partecipazioni testimoniano come la manifattura, pur ridimensionata, fosse ancora attiva e stimata nell’ambiente delle arti decorative.

Dopo la metà degli anni ’70, di Bini & Carmignani si perdono progressivamente le tracce come entità produttiva. È presumibile che la chiusura definitiva sia avvenuta entro la fine degli anni ’70 o al più tardi negli anni ’80, man mano che venivano meno i fondatori e che il mercato della ceramica artistica artigianale entrava in crisi di fronte alla produzione industriale. La scomparsa di Nello Bini nel 1998 segnò simbolicamente la fine di un’epoca. Con lui si chiudeva il capitolo avviato tanti anni prima dal “R. Bini” fondatore (suo padre o parente, cui la R iniziale della sigla si riferiva). Tuttavia, l’eredità della Ceramica Bini & Carmignani non andò perduta: al contrario, dagli anni 2000 c’è stata una riscoperta storica e collezionistica delle sue opere.

Diversi studiosi e appassionati si sono dedicati a studiare e catalogare la produzione R.B.C. Giorgio Levi, docente e collezionista pisano, ha pubblicato nel 2014 un libro intitolato “La soluzione del mistero delle ceramiche marcate RBC”, proprio per raccontare l’indagine che ha portato a identificare correttamente la manifattura Bini & Carmignani come autrice di quelle ceramiche​. Levi stesso ha curato nel 2016 una mostra a Calci (PI) dal titolo “Le ceramiche Déco di San Giovanni alla Vena”, ospitata presso il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. In quella mostra vennero esposti numerosi pezzi originali RBC provenienti da collezioni private e dalla sua raccolta, tra cui eleganti vasi déco e servizi da tavola dell’epoca, suscitando l’interesse del pubblico e dei media. Nel percorso espositivo si evidenziava come dietro la sigla R.B.C. si celassero proprio i “sangiovannesi” (gli abitanti di San Giovanni alla Vena) Bini e Carmignani e si illustrava l’evoluzione stilistica dai motivi ponteschi/liberty ai tratti inconfondibili dell’Art Déco pisana. L’evento ha contribuito a far conoscere al grande pubblico questo “tesoro sommerso” del territorio.

Anche a livello museale vi è stato riconoscimento: come accennato, il Museo Internazionale delle Ceramiche (MIC) di Faenza conserva oggi alcune opere Bini & Carmignani, giunte attraverso la donazione Levi nel 2020 (una collezione di 35 pezzi italiani ed europei anni ’30)​. Tra di esse figurano probabilmente alcuni piatti e oggetti RBC decorati a aerografo, che ben rappresentano l’abilità tecnica della manifattura. Inoltre, il Museo di Vicopisano possiede nei suoi depositi e archivi documenti relativi alla fabbrica (come l’album di modelli citato nelle ricerche). Infine, molti pezzi Bini & Carmignani circolano nel mercato antiquario e del collezionismo: negli ultimi anni vasi e piatti RBC sono stati battuti in aste e venduti in negozi specializzati, con valutazioni in crescita grazie al rinnovato apprezzamento. Si tratta di oggetti oggi rari (soprattutto quelli anteriori alla guerra in stile Albissola futurista, prodotti in numeri minori) e per questo ambiti: ad esempio, vasi Déco RBC appaiono valutati attorno ai 1000–1200 € nei cataloghi d’asta, mentre esemplari della prima produzione (stile Albisola anni ’10-’20) sono ancor più difficili da reperire e raggiungono quotazioni elevate.

In conclusione, la Ceramica Bini & Carmignani occupa un posto di rilievo nella storia della ceramica toscana del ’900. Dalla piccola fornace di San Giovanni alla Vena sono usciti manufatti che hanno saputo fondere tradizione artigianale locale e slancio creativo internazionale – dal Liberty al Déco – lasciando un segno distintivo riconoscibile. La vicenda aziendale riflette le trasformazioni di un territorio e di un’epoca: la nascita durante il fermento industriale post-unitario, l’affermazione negli anni ruggenti dell’Art Déco, la resilienza dopo la guerra e infine il declino di fronte alle sfide della modernità. Oggi le ceramiche Bini & Carmignani rivivono attraverso le collezioni museali, le pubblicazioni storiche e la passione dei collezionisti, restituendo lustro a un capitolo dimenticato ma prezioso della cultura artistica pisana. La riscoperta di queste opere – dai vasi decorati a foglie policrome ai piatti aerografati con scenette stilizzate – non è solo un fatto di antiquariato, ma anche un tributo alla creatività e all’abilità di una comunità che, con la “terra rossa” dell’Arno, seppe creare vera arte.

 

 

 

Fonte: http://www.archivioceramica.com


 

 

Fonti:

  • Archivi storici locali
  • Ricerche di G. Levi e M. Bardini
  • Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza
  • Comune di Vicopisano e testate giornalistiche locali
  • Cataloghi d’asta e collezioni private che hanno documentato e preservato i manufatti originali.

 

Le informazioni presentate sono il frutto di un incrocio di queste fonti primarie e secondarie, al fine di offrire un quadro completo e attendibile sulla Ceramica Bini & Carmignani di San Giovanni alla Vena

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