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Chiesa del Castellare

La costruzione del piccolo oratorio del Castellare venne iniziata nel 1656

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La Chiesa Parrocchiale

Chiesa Parrocchiale di San Giovanni alla Vena.

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Il Comune di Vicopisano

Comune di VicopisanoComune di VicopisanoIl Castello di Vicopisano.

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Cartoline

Immagini del paese di San Giovanni alla Vena. Vecchi ricordi.

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Bini e Carmignani

(Bini e Carmignani , R.B.C., BICA)

Manifattura ceramica "R. Bini & Fratelli Carmignani", fondata nel 1905 - Leggi


Deviazione Dell'Arno

Deviazione del Fiume Arno a San Giovanni alla Vena - Leggi


Taglio di Calcinaia

Deviazione dell’Arno a San Giovanni alla Vena

Contesto storico, geografico e politico

Il Taglio di Calcinaia identifica una grande opera idraulica cinquecentesca voluta dal duca Cosimo I de’ Medici per rettificare il corso del fiume Arno tra l’abitato di Calcinaia e la località Riparotti (nel comune di Vicopisano)​.

Quest’area, situata ai piedi del Monte Pisano, era caratterizzata dalla confluenza dell’Arno con il canale della Serezza, emissario naturale del Lago di Bientina (detto anche lago di Sesto)​. Tale confluenza avveniva in una pianura fortemente soggetta ad esondazioni: le portate congiunte di Arno e Serezza, provenienti da bacini idrografici distinti, causavano frequentemente alluvioni devastanti per i raccolti e i centri abitati circostanti​.

Inoltre, l’Arno in questo tratto descriveva due ampie anse (meandri) che si spingevano verso Bientina e Vicopisano, rallentando il flusso e amplificando gli effetti delle piene​. Vicopisano, in particolare, sorgeva presso un importante porto fluviale su uno di questi meandri.

In questo contesto Cosimo I, divenuto da poco Granduca di Toscana, decise nel 1560 di intervenire per deviare e abbreviare il corso dell’Arno, tagliando le anse maggiori. L’obiettivo era duplice: ridurre il rischio idraulico (canalizzando meglio le acque) e migliorare la navigazione fluviale, accorciando il percorso tra Firenze/Pisa e il mare. L’impresa rientrava nelle grandi opere medicee del XVI secolo tese a bonificare e infrastrutturare il territorio toscano. Essa richiese anche un accordo con la confinante Repubblica di Lucca, anch’essa interessata a mitigare le piene del Lago di Bientina che metà apparteneva al suo Stato​. Non a caso, l’intervento sul corso dell’Arno fu accompagnato dalla realizzazione di un nuovo emissario artificiale del lago (la Serezza Nuova), frutto di una collaborazione tecnico-politica tra Firenze e Lucca​.

Progettazione e realizzazione dell’opera (1560-1568)

Il progetto di deviazione fu pianificato intorno al 1558, come testimonia una mappa coeva conservata nell’Archivio di Stato di Pisa. In tale “Pianta del taglio del fiume Arno a Calcinaia” sono tracciati in azzurro il nuovo canale rettilineo previsto e in rosso i nuovi argini, con l’indicazione dei proprietari dei terreni da attraversare​www502.regione.toscana.it. L’ansa fluviale principale da eliminare era quella che portava l’Arno a piegare verso nord-est in direzione di Bientina e Vicopisano per poi rientrare verso Calcinaia. Il nuovo canale avrebbe tagliato attraverso la golena accorciando il percorso fluviale da circa 10 km a soli 3,5 km​.

 

I lavori iniziarono nell’autunno 1560. Il primo lotto (1560-1561) consistette nello scavo manuale di un canale lungo circa 2 km, realizzato a forza di braccia da centinaia di operai fatti affluire da altre province (per evitare l’impiego di manodopera locale)​. Questo canale rettilineo fu tracciato collegando tra loro i due punti in cui l’Arno iniziava e terminava la sua prima ampia ansa, in modo da creare un bypass artificiale del meandro naturale​. Una volta completato lo scavo, il vecchio alveo curvilineo venne sbarrato mediante argini provvisori e ostacoli, forzando così il fiume a imboccare il nuovo taglio​. La messa in esercizio fu sorprendentemente rapida: l’8 settembre 1561 le acque dell’Arno furono deviate con successo nel nuovo canale rettificato. Contestualmente si realizzarono nuove arginature e strade arginali lungo il corso artificiale, emanando bandi con divieti e sanzioni per proteggere le opere appena costruite (ad esempio vietando il pascolo o l’abbattimento di alberi sugli argini).

Il secondo lotto di lavori (1562-1568) fu più complesso e richiese alcuni anni aggiuntivi. In questa fase si trattò di completare la rettifica eliminando anche la seconda ansa dell’Arno e, soprattutto, di collegare il nuovo corso con il rinnovato emissario del Lago di Bientina. Proprio in parallelo al taglio dell’Arno, infatti, stava giungendo a compimento l’escavazione della Serezza Nuova, un canale artificiale più rettilineo concordato da toscani e lucchesi per far defluire più rapidamente le acque lacustri​. Fu necessario dunque raccordare la Serezza Nuova con l’Arno deviato, spostando la foce del canale (e quindi la congiunzione col fiume) circa 1 km più a valle, in località Riparotti​. Questa nuova confluenza fu dotata nel 1583 di chiuse regolatrici (note come cateratte di Riparotti), di competenza lucchese, atte a gestire i flussi tra lago e fiume​. Entro il primo trimestre del 1568 l’intero sistema era funzionante: l’Arno scorreva ormai nel suo alveo rettificato e il canale emissario del Bientina sfociava nel fiume lontano dall’abitato di Vicopisano​.

Risultati e conseguenze nel territorio toscano

Il completamento del Taglio di Calcinaia nel 1568 permise di rivoluzionare la geografia locale. Il vecchio ramo fluviale abbandonato venne sistematicamente colmato e interrato (bonifica per colmata) per recuperare terreno coltivabile​. Su quella fascia di terreno, ormai livellato con la pianura circostante, sorsero dodici nuovi poderi agricoli dati in mezzadria e amministrati direttamente dalla casa medicea: nacque così la Fattoria di Vicopisano, segno tangibile del riuso produttivo delle aree bonificate​. La rettifica dell’Arno conseguì l’obiettivo idraulico di accelerare il deflusso: un tratto di fiume prima tortuoso e soggetto a ristagni divenne più rapido e lineare, riducendo l’incidenza delle inondazioni disastrose in quell’area. Anche la navigazione fluviale Pisa-Firenze ne risultò avvantaggiata, grazie a un percorso più breve e sicuro (qualcuno l’ha definita una sorta di “Fi-Pi-Li” d’acqua ante litteram)​.

Non mancarono tuttavia effetti negativi non previsti. L’opera infatti alterò un equilibrio idraulico delicato, innescando la necessità di nuove bonifiche e interventi nei secoli successivi. L’ampia pianura fra Calcinaia e Vicopisano subì per lungo tempo problemi di drenaggio: nonostante gli sforzi di colmata, l’ex alveo fluviale e le aree limitrofe rimasero soggette a ristagni e paludi stagionali, richiedendo ulteriori lavori di bonifica protrattisi fino ai primi del Novecento​. La tradizione locale racconta che, nei decenni successivi al taglio, “numerosi laghi” punteggiavano ancora la zona tra Calcinaia e Vico, residui delle vecchie anse interrate​. Dal punto di vista urbanistico, Calcinaia si ritrovò improvvisamente sulla riva destra dell’Arno (anziché sinistra come da secoli), separata dalla via di comunicazione principale (la via Pisana orlata lungo la sponda opposta): ciò causò iniziali disagi alla popolazione locale, tanto che i calcinaioli presentarono petizioni ai Medici per ottenere un ponte o almeno l’esenzione dal pedaggio del traghetto verso Pontedera. Analogamente, Vicopisano vide allontanarsi il fiume dal proprio centro: l’Arno deviato scorreva ora più a sud, lasciando l’antico porto di Vico fuori dall’alveo attivo. Parti dell’abitato di San Giovanni alla Vena e di Calcinaia prospicienti al nuovo corso subirono erosioni e crolli a causa della corrente più impetuosa, con “danni ingenti” riportati dalle cronache coeve.

Mappe storiche (XVIII–XIX secolo) e documentazione cartografica

L’evoluzione di questa grande opera idraulica è ben documentata nelle cartografie storiche tra Sette e Ottocento. Mappe e rilievi dell’epoca mostrano chiaramente il nuovo tracciato rettilineo dell’Arno e le infrastrutture ad esso connesse. Ad esempio, una mappa lucchese del eighteenth century conservata presso il Vaticano (Corridoio delle Carte Geografiche) raffigura il Lago di Bientina con l’antico emissario (Serezza Vecchia) e il nuovo taglio mediceo dell’Arno già in opera. Nel 1757 fu realizzato il Canale Imperiale (come vedremo in dettaglio più avanti) e nelle mappe lorenesi successive compare questo nuovo canale emissario rettilineo dal lago all’Arno. Di notevole interesse tecnico è il “Profilo di livellazione del Canale Imperiale dal Lago di Bientina all’Arno” redatto a metà Ottocento, che illustra con sezioni altimetriche il percorso delle acque dal bacino lacustre fino al mare, compreso il passaggio sotterraneo sotto l’Arno e il collegamento con i canali di bonifica verso il Calambrone. Tale documento (conservato nell’archivio della Regione Toscana) evidenzia l’infrastruttura complessiva: dal lago prosciugato il canale scorre fino a Fornacette e Ripafratta, da qui sottopassa l’Arno con la Botte, e infine prosegue unendosi ai fossi (Arnaccio, Fossa Chiara) che sfociano tra Calambrone e Livorno.

Mappe ottocentesche dell’IGM (Istituto Geografico Militare) dopo il prosciugamento del lago riportano l’“Padule di Bientina (lago prosciugato)”, attraversato dal canale scolmatore che conduce all’Arno. In parallelo, le mappe catastali leopoldine (prima metà ‘800) e le piante del Canale Imperiale mostrano le opere idrauliche lorenesi in dettaglio. Questo ricco patrimonio cartografico – unitamente alle fonti d’archivio (ad esempio i fondi “Fiumi e Fossi” presso gli Archivi di Stato di Pisa e Firenze) – permette oggi di ricostruire con precisione l’assetto del territorio prima e dopo il Taglio di Calcinaia, e l’incidenza dei vari interventi succedutisi nei secoli.

Interventi idraulici successivi e opere correlate (XVII–XIX secolo)

Dopo l’epoca medicea, l’area fu oggetto di ulteriori progetti idraulici correttivi, spesso collegati alla gestione del Lago di Bientina e alla navigabilità fluviale:

  • 1655, Serezza Nuova bis: a causa dell’interrimento e delle scarse prestazioni del canale mediceo, fu approfondito nuovamente l’antico alveo pedemontano della Serezza (lungo i piedi dei monti Pisani), tornando a usarlo come emissario principale del lago. Il canale artificiale del 1560 fu temporaneamente chiuso, invertendo i nomi: la “Serezza Nuova” divenne quella pedemontana, mentre il corso artificiale mediceo fu chiamato Serezza Vecchia. Questo indica la continua lotta contro il deposito di sedimenti e la necessità di adattare le opere alle mutate condizioni.
  • 1583, Cateratte di Riparotti: come già accennato, all’imboccatura della Serezza Nuova (confluenza in Arno spostata a Riparotti) furono installate chiuse in legno per regolare flussi e piene. Queste cateratte, gestite dalla Repubblica di Lucca, erano essenziali per impedire all’Arno in piena di rifluire nel lago e viceversa. Esse rappresentano uno dei primi esempi di “castello idraulico” nell’area, ossia una struttura di paratoie manovrabili atte a isolare o mettere in comunicazione due corpi idrici.
  • 1757, Canale Imperiale e Cateratte Ximeniane: in epoca lorenese, risolta una disputa idrica tra Lucca e Toscana, si decise un intervento definitivo. Su progetto del gesuita e ingegnere Leonardo Ximenes (affiancato dal matematico lucchese G. R. Boscovich), fu riattivato e ampliato il canale mediceo verso il lago, dotandolo di un nuovo sbocco indipendente nell’Arno​. Il canale fu battezzato “Canale Imperiale” in onore del Granduca (e Imperatore) Francesco Stefano di Lorena​. L’opera chiave di questo progetto furono le Cateratte Ximeniane (1757-1763), un’imponente edificio-idrovora in muratura costruito poche decine di metri a valle delle vecchie cateratte di Riparotti​. Questa struttura – ancora oggi esistente – incorporava un sistema di paratoie doppio con bacino intermedio, funzionando di fatto come una conca di navigazione e uno scolmatore: in caso di piena, permetteva di chiudere il passaggio al lago ma, grazie al bacino centrale, consentiva il transito dei navicelli (piccole imbarcazioni) da e verso il lago anche con livelli d’acqua differenti. Le Cateratte Ximeniane, ancora visibili in località Via dei Due Ponti a San Giovanni alla Vena, sono un grande palazzo rettangolare in stile tardo barocco, con arcate alla base (oggi interrate) e con alcuni meccanismi originali delle chiuse ancora in sito. Esse rappresentano un vero “castello d’acqua” settecentesco e testimoniano la volontà dei Lorena di coniugare funzionalità idraulica e navigabilità. (Da notare che un edificio gemello, posto allo sbocco del canale sul Lago di Bientina, fu distrutto un secolo dopo durante i lavori della Botte​i.)
  • 1854–1859, La Botte di Alessandro Manetti: a metà Ottocento, con Lucca ormai annessa alla Toscana, il Granduca Leopoldo II di Lorena decise di affrontare radicalmente il problema del Lago di Bientina, ordinandone il prosciugamento completo per ragioni di salubrità e per recuperare terre coltivabili​. L’ostacolo maggiore era dato dal dislivello: il fondo del lago e del suo emissario erano più bassi del letto dell’Arno, rendendo impossibile drenare l’acqua nel fiume per semplice gravità​. L’ingegnere Alessandro Manetti propose allora una soluzione ardita: deviare il Canale Imperiale e farlo passare sotto l’Arno, incanalando le acque del lago direttamente verso il mare. Nacque così la Botte, un lungo condotto sifone sotterraneo sotto l’alveo dell’Arno a San Giovanni alla Vena. La prima pietra fu posata il 16 settembre 1854 alla presenza del Granduca. Per costruirla fu necessario un enorme lavoro di ingegneria: si infissero oltre 25.000 pali di pino a 8 metri di profondità per creare un sottofondamento stabile sotto il letto del canale emissario, quindi si scavò e realizzò una galleria in muratura lunga 255 m e larga circa 24 m. Il cantiere dovette affrontare difficoltà geologiche (sacche di gas sotterranei, terreni argillosi cedevoli, infiltrazioni) che provocarono ritardi e resero necessarie varianti in corso d’opera​. Nonostante ciò, i lavori terminarono nel 1859 (appena due anni oltre il previsto) e con una spesa addirittura inferiore al preventivo grazie all’ottima direzione tecnica. Il risultato fu straordinario: le acque del lago (ormai ex-lago) vennero convogliate attraverso la Botte nel tronco finale del Canale Imperiale, che proseguiva per diversi chilometri a sud dell’Arno fino a sfociare direttamente in mare tra il Calambrone e il porto di Livorno​. L’ingegnosissimo sifone di Manetti – definito dal Granduca “ardita struttura” nei suoi diari – completò così l’opera iniziata tre secoli prima: la definitiva scomparsa del Lago di Bientina (1859) e la messa in sicurezza idraulica di tutta la piana. L’opera fu ufficialmente collaudata entro il 1863 sotto il Regno d’Italia​.

Impatti idraulici, ambientali, agricoli e urbanistici

Gli interventi descritti ebbero un forte impatto territoriale. Già il taglio cinquecentesco dell’Arno modificò l’idrologia locale: a breve termine ridusse le alluvioni nell’ansa soppressa, ma richiese interventi successivi per gestire le acque residue e le nuove terre emerse. La combinazione di arginature, cateratte e canali implementata nei secoli seguenti portò infine a un controllo molto più efficiente: a fine ’800 la pianura tra l’Arno e il Serchio risultava quasi completamente regimata, con fiumi arginati e paduli prosciugati.

Dal punto di vista ambientale, si assistette però alla perdita di uno dei maggiori bacini lacustri interni dell’Italia centrale. Il Lago di Bientina, un tempo esteso fino a 36 km² nelle stagioni di piena​, fu progressivamente ridotto e infine prosciugato. Questo significò la scomparsa di habitat acquatici ricchi di biodiversità (pesca e caccia agli uccelli acquatici erano attività tradizionali importantissime per le comunità rivierasche). In compenso, vaste nuove superfici agricole divennero disponibili: già con la bonifica delle anse dell’Arno i Medici avevano tratto terreni per la loro fattoria, ma è soprattutto dopo il prosciugamento ottocentesco che migliaia di ettari di ex-lago vennero messi a coltura. Gran parte di queste terre bonificate furono distribuite a tenutari locali oppure acquistate da possidenti (nel tardo ’800 vi si diffusero colture cerealicole e foraggere, oltre a impianti di pioppeti nelle zone più umide). Si migliorò anche la salubrità: eliminando acque stagnanti e paludi, si ridusse l’incidenza della malaria e delle febbri, problemi endemici delle pianure toscane umide fino all’Ottocento.

Gli aspetti urbanistici furono anch’essi rilevanti. Centri come Vicopisano persero il diretto accesso navigabile all’Arno e quindi parte della loro importanza commerciale, mentre altri come Calcinaia dovettero cambiare rapporto con il fiume (sviluppando ad esempio nuovi punti di approdo sulla riva opposta). Nel corso dell’Ottocento, con la costruzione di ponti stabili (il “Ponte alla Navetta” e poi il “Ponte di Fornacette” detto alla Botte), si normalizzò la viabilità nella zona, ma per circa due secoli le comunità locali avevano dovuto affidarsi a barche traghetto per attraversare il nuovo ramo dell’Arno. La definitiva scomparsa del lago di Bientina portò anche alla nascita di nuovi centri rurali sul suo ex fondale: ad esempio, località come Treccia, Castelvecchio, Isola e altre piccole frazioni sorsero o si ingrandirono grazie alle nuove terre coltivabili. D’altro canto, la memoria collettiva legata al “grande lago” e alle sue risorse (pesca di anguille, raccolta di canna palustre, ecc.) andò affievolendosi nelle generazioni successive.

Stato attuale del tracciato deviato e valorizzazione storica

L’attuale corso dell’Arno tra Calcinaia e San Giovanni alla Vena segue ancora oggi sostanzialmente il canale artificiale creato nel XVI secolo. Osservando una mappa odierna, si nota come il fiume disegni un tratto rettilineo a confine tra le province di Pisa e Lucca proprio in corrispondenza dell’antico taglio mediceo. Del vecchio alveo meandriforme non rimangono evidenti tracce superficiali: le aree dell’ansa interrata sono ora campi pianeggianti, bonificati nel tempo. Solo uno sguardo esperto può talvolta individuare lievi depressioni del terreno o avvallamenti lineari che tradiscono l’antico letto; inoltre, la toponomastica locale conserva memorie (ad esempio toponimi come “Oltrarno” a Calcinaia indicano le terre oltre il nuovo fiume, un tempo parte opposta del paese). Nelle stagioni di piogge eccezionali, l’acqua può ancora affiorare in certe zone bassure: un indizio, questo, del reticolo idrografico pregresso.

Per quanto riguarda le opere idrauliche storiche, molte sono ancora esistenti e oggetto di interesse culturale. Le Cateratte Ximeniane di San Giovanni alla Vena, ad esempio, svettano ancora lungo via dei Due Ponti. L’edificio, sebbene in stato di abbandono e con le arcate basali interrate fino ai capitelli, mantiene l’imponente facciata con stemma lorenese e alcune camere interne con congegni metallici delle paratoie​. Questo “monumento idraulico” è stato più volte segnalato come bene da recuperare: il Fondo Ambiente Italiano (FAI) lo ha inserito nella lista dei Luoghi del Cuore, promuovendo nel 2018 visite guidate durante le Giornate FAI di Primavera. Associazioni locali e il Comune di Vicopisano stanno valutando progetti di restauro e riuso museale dell’edificio, magari come centro interpretativo delle bonifiche storiche del Lungarno. Anche i cittadini si sono mobilitati con petizioni per salvare le Cateratte (esiste persino una pagina social “Cateratte Ximeniane” dedicata a sensibilizzare sul tema).

Un altro capolavoro di archeologia industriale è la Botte di Manetti. In superficie, all’esterno, è visibile una costruzione in laterizio presso l’argine dell’Arno (località La Botte, tra Fornacette e San Giovanni alla Vena), con un portale ad arco chiuso da porta in legno: è l’accesso alla galleria sotterranea. Su questa piccola casa di controllo, una lapide commemorativa (posta diversi anni dopo la costruzione) ricorda l’opera e il suo artefice. La struttura sotterranea è tuttora funzionante e svolge il suo compito originario: il Canale Imperiale, infatti, continua a drenare le acque dell’ex padule di Bientina, convogliandole attraverso la Botte sotto l’Arno fino al mare​. In periodi di piogge intense, l’imponente sifone entra in carico, evitando che l’acqua si accumuli nella piana (oggi agricola) dell’ex lago. Sporadicamente vengono organizzate visite tecniche all’interno della Botte (in collaborazione con il Consorzio di Bonifica competente); inoltre, il luogo è meta di curiosi e appassionati: esiste ad esempio un percorso trekking segnalato lungo il fiume tra Calcinaia e San Giovanni alla Vena, così come una multi-cache virtuale (geocaching) dedicata alla Botte, che accompagna i visitatori alla scoperta dei dettagli storici e tecnici di questa opera​.

In termini di valorizzazione culturale, il territorio ha iniziato a riscoprire il proprio passato idraulico. Sono stati proposti itinerari didattici integrati: un possibile “percorso delle acque” collega i punti chiave – dal Museo di Bientina (dove sono raccolti reperti del lago scomparso) alle Cateratte Ximeniane, dalla Botte di Manetti fino alle opere minori come il Ponte della Navetta e gli antichi argini medicei. Pannelli informativi in loco spiegano l’evoluzione del paesaggio. Enti come l’Archivio di Stato di Pisa hanno organizzato mostre documentarie, mettendo in luce mappe originali del Taglio di Calcinaia e disegni progettuali d’epoca. Sul piano bibliografico, studiosi contemporanei hanno approfondito l’argomento: ad esempio lo storico Filippo Mori ha pubblicato nel 2024 uno studio archivistico intitolato “Infino che Arno si levò” sulla bonifica cinquecentesca di Vicopisano, Bientina e Calcinaia, mentre già negli anni ’80 Giuseppe Caciagli documentò le vicende idrauliche del Lago di Bientina​. Tali ricerche contribuiscono a diffondere la consapevolezza del valore storico delle trasformazioni del paesaggio fluviale toscano.

In conclusione, il Taglio di Calcinaia e le opere correlate (dalle cateratte ai canali, fino alla Botte ottocentesca) costituiscono un caso esemplare di ingegneria idraulica storica e di gestione delle acque nel territorio italiano. La loro storia attraversa secoli, intrecciando esigenze di sicurezza idraulica, visioni politiche (dai Medici ai Lorena), evoluzione tecnologica e impatti sul tessuto socio-ambientale. Oggi resta un patrimonio da tutelare e valorizzare: un itinerario tra fiume e campagna pisana che racconta di come l’uomo ha saputo, nel bene e nel male, ridisegnare il corso di un grande fiume come l’Arno.

Fonti: Archivio di Stato di Pisa, fondo Fiumi e Fossi (mappe e relazioni 1558-1860); Bibliografia: Caciagli (1984), Zagli (2001), Mori (2024); Comune di Vicopisano – Turismo; Wikipedia.

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